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Informazioni sulle principali forme di demenza

Pubblicato il 27/02/2023

La demenza

Il termine demenza si riferisce ad un deficit acquisito delle funzioni cognitive (attenzione, funzioni esecutive, apprendimento e memoria, linguaggio, capacità visuo-spaziale e percettiva e cognizione sociale), di entità tale da interferire con l’indipendenza funzionale. I deficit cognitivi possono essere accompagnati da disturbi comportamentali.

La prevalenza di questo disturbo aumenta con l’età, passando dall’1% tra i soggetti over 65 anni, più del 22% tra i soggetti oltre gli 85 anni.

La demenza ad esordio giovanile rappresenta circa il 4–10% di tutte le forme di demenza.

Le cause di demenza possono essere differenti a seconda delle diverse età di esordio.

Le demenze neurodegenerative con un profilo cognitivo tipico includono la Malattia di Alzheimer (AD), la demenza fronto-temporale (FTD), la demenza a corpi di Lewy (LBD), la sindrome cortico basale (CBD) e la paralisi sopranucleare progressiva (PSP).

Le Linee Guida Europee sulla Demenza suggeriscono un approccio specifico per ogni tipo di demenza e il professionista è consapevole del percorso clinico strumentale specifico per le differenti forme di demenza.


La diagnosi

La raccolta della storia della malattia e l’esame obiettivo sono fondamentali per la diagnosi della demenza. Inoltre, i soggetti con il declino cognitivo possono essere sottoposti alla valutazione cognitiva (Valutazione neuropsicologica) su aspetti quali memoria, apprendimento, linguaggio, funzioni esecutive, abilità visuo-spaziali, attenzione.

La valutazione dei sintomi comportamentali e psicologici è essenziale sia per la diagnosi precoce che per la gestione del paziente. Per questo, i sintomi comportamentali devono essere indagati estesamente nel corso del colloquio con il paziente alla presenza del caregiver.

In base all’osservazione clinica, il professionista valuta il percorso diagnostico-terapeutico più appropriato.

Un esame di neuroimmagine dovrebbe essere eseguito almeno una volta nel corso del percorso diagnostico dei pazienti affetti da decadimento cognitivo, al fine di escludere altre potenziali cause trattabili.

La terapia

Ad oggi, la comunità scientifica internazionale lavora su numerosi progetti di ricerca per individuare terapie efficaci nella cura della malattia.

Purtroppo, però, gli interventi disponibili non sono ancora risolutivi, ma risultano efficaci nel rallentare la progressione della malattia. Le strategie terapeutiche a disposizione sono di tipo farmacologico, neuropsicologico, psicosociale e di continuità assistenziale.

Anche i sintomi comportamentali possono costituire un problema per la gestione dei malati da parte delle famiglie e del caregiver ed incidere significativamente sulla qualità di vita. Se le modificazioni ambientali non riescono a eliminare agitazione o psicosi è possibile valutare insieme al medico l’uso di farmaci specifici.

La Malattia di Alzheimer

La Malattia di Alzheimer (AD) è una patologia degenerativa del Sistema Nervoso Centrale (SNC) che interessa nel 95% dei casi individui oltre i 65 anni.

È stata descritta per la prima volta nel 1906 dal neuropatologo Alois Alzheimer che il 3 novembre 1906 presentò al Congresso del Southwest German Psychiatrists a Tubingen, in Germania, il caso di una donna di 51 anni affetta da una sconosciuta forma di demenza.

Attualmente non è stata individuata in modo chiaro e preciso la causa scatenante della Malattia di Alzheimer. Le forme genetiche di malattia di Alzheimer rappresentano meno dell’1% di tutti i casi.

ll sintomo iniziale più frequente è il progressivo deficit di memoria episodica. Al disturbo di memoria si associa, in tempi variabili, l’interessamento di altri domini cognitivi.

La Malattia è definita come la malattia delle quattro A:

  • amnesia, cioè perdita significativa di memoria;
  • afasia, cioè incapacità di formulare e comprendere i messaggi verbali;
  • agnosia, cioè incapacità di identificare correttamente gli stimoli, riconoscere persone, cose e luoghi;
  • aprassia, cioè incapacità di compiere correttamente alcuni movimenti volontari, per esempio vestirsi.

La graduale comparsa di un deficit multisettoriale determina una progressiva compromissione della capacità di adempiere alle attività della vita quotidiana riducendo l’autonomia individuale e rendendo necessaria l’assistenza da parte dei caregiver.
Il coinvolgimento di questi domini cognitivi è coerente con l’estensione delle lesioni della malattia a livello del sistema nervoso centrale.

A livello anatomo-patologico si osserva un’atrofia cerebrale, cioè una riduzione della massa cerebrale, che è simmetrica e colpisce prevalentemente alcune aree cerebrali specifiche. Inoltre, c’è una riduzione della quantità di alcune sostanze, che funzionano come neurotrasmettitori e sono quindi responsabili della comunicazione tra le cellule cerebrali. Tutte questi processi vanno ad alterare le strutture cerebrali, che non sono più in grado di funzionare in modo corretto.

I fattori di rischio per le malattie cerebrovascolari e cardiovascolari aumentano anche il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer. Il controllo di tali fattori è quindi fondamentale in termini di prevenzione. È necessario seguire una dieta corretta (un ottimo esempio è la dieta mediterranea) per tenere sotto controllo i valori di colesterolo e trigliceridi nel sangue, tenere sotto controllo i valori di pressione arteriosa (ove necessario mediante l’assunzione di farmaci antipertensivi), evitare il fumo di sigaretta e svolgere regolare attività fisica.
Terapia

La cura o trattamento terapeutico è finalizzato a rallentare la progressione della malattia. A questo scopo contribuiscono oltre alle terapie farmacologiche, altri trattamenti neuropsicologico come la stimolazione cognitiva (sessioni individuali o di gruppo nei quali si svolgono esercizi specifici con l’obiettivo di aiutare il malato di Alzheimer a mantenere la funzionalità della memoria e altre funzioni cognitive); l’esercizio fisico regolare; sessioni personalizzate di terapia occupazionale sono di aiuto sia per il paziente che per il caregiver per mantenere più a lungo l’autonomia e superare gli ostacoli nella vita quotidiana.


La demenza a corpi di Lewy

La Demenza a corpi di Lewy (DLB) è una forma di demenza degenerativa e rappresenta circa tra il 10% ed il 20% dei casi di demenza sopra i 65 anni.
Questa patologia prende il nome dal neurologo Friedrich H. Lewy che scoprì la presenza di depositi proteici (definiti in seguito “corpi di Lewy”) che si accumulano nel cervello in maniera anomala e danneggiano le cellule nervose nella corteccia e nel tronco cerebrale.

Attualmente le cause esatte di tale accumulo sono sconosciute.
L’esordio di malattia può essere caratterizzato generalmente da:

  • progressivo declino delle funzioni cognitive, in grado di interferire con le attività sociali e occupazionali del paziente,
  • alterazioni del comportamento tra cui deflessione del tono dell’umore, riduzione dell’iniziativa a svolgere le attività della vita quotidiana ed in molti casi allucinazioni od illusioni visive,
  • disordini del movimento, in particolare tremore, rallentamento motorio ed alterazione dell’equilibrio.

È caratteristica la fluttuazione, anche improvvisa, dei sintomi, in particolare nel livello della concentrazione, attenzione o veglia. Il paziente può alternare da stati di vigilanza e attenzione a stati di sonnolenza, di durata variabile da ore a giorni.

I disordini del movimento che si associano a tali disturbi riguardano spesso entrambi i lati del corpo e possono comparire in fase iniziale o tardiva. Si caratterizzano per lentezza, rigidità e disturbi della marcia, mentre il tremore a riposo è più raro. Possono essere presenti alcuni tra i sintomi comuni della malattia di Parkinson, ovvero riduzione del tono e della modulazione della voce, perdita di espressività del viso, atteggiamento in flessione anteriore del tronco e deambulazione lenta con passo trascinato.

Frequentemente, durante il sonno il paziente manifesta sogni vividi e incubi che vengono “agiti” fisicamente con movimenti complessi (il paziente si muove, gesticola o parla mentre dorme) degli arti “come ad agire un sogno” e sonniloquio (parlare nel sonno).. Al suo risveglio, se interrogato, la persona può ricordare il contenuto del sogno. Tale disturbo è definito come disturbo del comportamento in sonno REM.

Possono subentrare, infine, disfunzioni del sistema nervoso vegetativo riguardo la capacità di regolare la pressione arteriosa e la temperatura corporea: ne conseguono episodi di perdita di coscienza per ipotensione e problemi di sudorazione.

I sintomi di questa patologia possono evolvere in maniera variabile nel corso di qualche mese o di anni, purtroppo con il passare del tempo i sintomi tendono a peggiorare costringendo chi si ammala a diventare sempre più dipendente dagli altri.
Attualmente la diagnosi si basa sulla valutazione clinica e le indagini strumentali rappresentano un supporto alla valutazione clinica.

Terapia

Dal punto di vista terapeutico, per migliorare le performance cognitive, vengono in genere consigliati gli stessi farmaci utilizzati anche per la malattia di Alzheimer.
I sintomi motori vengono trattati spesso con basse dosi di farmaci utilizzati per la malattia di Parkinson.
Per i pazienti che presentano alterazioni del controllo pressorio o disturbi del sonno, il medico valuterà terapie specifiche sia comportamentali che farmacologiche.
In questi pazienti sono molto importanti anche i trattamenti non farmacologici. Infatti, è consigliato creare attorno al paziente un ambiente confortevole e stimolante.

La demenza frontotemporale

La demenza frontotemporale (FTD) è una malattia neurodegenerativa dell'encefalo, che insorge a causa del progressivo deterioramento dei neuroni situati nei lobi frontali e temporali del cervello.
Tende a insorgere in individui giovani, tra i 40 e i 65 anni. Colpisce in ugual misura entrambi i sessi. L'esatto meccanismo che induce l'insorgenza della demenza frontotemporale non è stato ancora chiarito.
Il deterioramento progressivo dei neuroni dei lobi frontali e temporali è successivo alla formazione, all'interno delle medesime cellule, di aggregati proteici anomali. Per aggregati proteici s'intendono piccoli ammassi di proteine.
Tra le varie funzioni svolte, i lobi frontali e i lobi temporali del cervello controllano anche il comportamento, il linguaggio, le capacità di pensiero, parte dei movimenti del corpo e alcuni muscoli. In relazione a ciò, la demenza frontotemporale si caratterizza clinicamente per tre categorie di disturbi ovvero il disturbo del linguaggio, i problemi di comportamento ed i disordini del movimento.
Anche per questa patologia possono essere proposti al paziente approfondimenti clinici e strumentali e terapie farmacologiche e non farmacologiche mirate, tuttavia non esiste ancora una cura per tale malattia.

La demenza vascolare

La demenza vascolare è la causa più comune, negli anziani, di demenza dopo la malattia di Alzheimer. Tale forma di demenza è secondaria ad un danno vascolare cerebrale su base ischemica e/o emorragica e/o ipossica. Esistono 2 principali sottotipi di demenza vascolare ovvero la demenza da patologia dei grandi vasi (demenza multi-infartuale o demenza da infarti strategici) e demenza da patologia dei piccoli vasi (demenza vascolare ischemica sottocorticale, malattia di Biswanger; demenza vascolare ereditaria, demenza da ipoperfusione, demenza emorragica). Clinicamente è caratterizzata oltre che dalla presenza di declino cognitivo in assenza di un chiaro coinvolgimento della memoria, da un decorso a “scalini” e dalla possibile presenza di segni neurologici focali ovvero disturbi prevalentemente motori, correlati alla lesione secondaria dell’ictus.

Il trattamento si basa sulla prevenzione dei fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione arteriosa, diabete mellito, ipercolesterolemia, fibrillazione atriale) ed all’aumento della perfusione cerebrale.
E’ inoltre importante l’astensione dal fumo, l’adeguata forma fisica e il mantenimento di una adeguata attività fisica, cognitiva e sociale.