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Consigli per la raccolta, il consumo e la conservazione dei funghi

Pubblicato il 24/02/2012

Per potere consumare tranquillamente i funghi trovati occorre avere  le necessarie informazioni sia sulla loro potenziale pericolosità che sulle corrette modalità di raccolta, preparazione e conservazione.
Bisogna infatti sapere che tutti sono, per la loro composizione, alimenti poco digeribili e facilmente deperibili, per cui vanno adottate alcune basilari precauzioni.
Infatti, anche se sembra strano, molte persone ricoverate in seguito al consumo (oltre 200 nella Regione Emilia Romagna tra 2009 e 2010) sostengono di avere mangiato specie commestibili e spesso, in seguito alle verifiche del micologo, ciò risulta vero.
A volte ciò accade perché, a seguito di disturbi gastrointestinali insorti dopo un pasto che li comprende, di solito si attribuisce a questi ultimi la responsabilità del malessere, anche se sono stati consumati diversi altri alimenti. La vera causa del malessere potrebbe anche avere tutt’altra origine, ad esempio una contaminazione da batteri patogeni, un consumo eccessivo di alcol, un’influenza con sintomatologia gastroenterica, ecc.. Altre volte, però, sono state disattese alcune precauzioni determinanti nelle fasi di raccolta e di preparazione dei funghi, necessarie per poterli poi mangiare senza inconvenienti.
Ecco allora una serie di utili raccomandazioni per la raccolta, la preparazione e la conservazione dei funghi.

La corretta raccolta

Già nel momento della raccolta è necessario non essere affrettati o superficiali:

  1. si deve essere assolutamente certi della loro commestibilità: a questo proposito vale sempre la raccomandazione di non fidarsi mai delle persone che si improvvisano esperte o che affermano “di averli sempre mangiati” senza dimostrare di conoscerli dettagliatamente; se non si è sicuri, si possono portare presso un Ispettorato micologico dell’AUSL dove è possibile un controllo gratuito da parte di personale specializzato;
  2. non si devono raccogliere esemplari troppo maturi, ammuffiti o alterati, eccessivamente invasi da parassiti o intrisi di acqua;
  3.  non vanno raccolti se si trovano vicino a fonti potenzialmente inquinanti (discariche, colture agricole, cumuli di rifiuti, strade trafficate, parchi cittadini, ecc.) in quanto in tali sedi possono assorbire e concentrare (così come i molluschi marini)  gli eventuali veleni presenti nel substrato di crescita;
  4. devono essere sommariamente puliti già sul posto togliendo terra ed altre impurità;
  5. devono essere trasportati in contenitori rigidi ed areati, comportamento questo che è addirittura stato reso obbligatorio dalla legge sia per l’aspetto ecologico (più o meno scientificamente provato) della dispersione delle spore durante il trasporto, sia per l’aspetto igienico-sanitario di consentire la traspirazione degli esemplari rallentando così  i processi fermentativi e putrefattivi, molto rapidi, invece, nelle buste di plastica (che inoltre costituirebbero un inutile rifiuto);
  6. vanno conservati in ambienti freschi ed areati (o ancora meglio in frigorifero) prima della preparazione.

La corretta preparazione

Per una corretta preparazione dei funghi occorre seguire queste indicazioni:

  1. fare passare meno tempo possibile tra la raccolta e la preparazione;
  2. pulirli accuratamente dalle impurezze vegetali o minerali ancora presenti (fili d’erba, sassolini ecc.);
  3. togliere il gambo se coriaceo e la cuticola se viscosa;
  4. lavarli sotto acqua corrente (non è vero che i funghi non vanno lavati, ma solo spazzolati, a meno che non piaccia trovarsi la terra sotto ai denti); ciò aiuta efficacemente a togliere impurezze altrimenti difficilmente eliminabili e a ridurre la contaminazione batterica senza compromettere i sapori e gli aromi del fungo;
  5. scartare gli esemplari invasi da parassiti (eventualmente, se i funghi sono solo moderatamente infestati, procedendo all’essiccazione, durante la quale i parassiti escono dai carpofori e possono così essere eliminati);
  6. cuocerli e consumarli il prima possibile.

La corretta cottura

Si devono innanzitutto fare alcune considerazioni sulle possibilità che si hanno in relazione al tipo di funghi di cui si dispone; vi sono tre possibilità:

  1. Funghi che si possono consumare crudi. Sarebbe opportuno che il consumo di funghi crudi fosse limitato alle seguenti specie: Amanita caesarea (Ovolo buono), Agaricus bisporus (Champignon o Prataiolo), Coprinus comatus (Coprino), Calocybe gambosa (Prugnolo, Fungo di San Giorgio, ecc.) in quantità comunque moderata e senza far passare tanto tempo tra la preparazione e il consumo. I Boletus del gruppo edulis (cioè i gustosi porcini) sono spesso, se consumati crudi, causa di disturbi o addirittura possono determinare, in persone predisposte, intolleranze permanenti; per questa ragione è sconsigliabile il loro utilizzo da crudi.
  2. Funghi tossici da crudi. Per le specie tossiche da crude (ad esempio tutte le Morchella, Amanita rubescens, Armillaria mellea, Boletus luridus, ma ve ne sono parecchie altre) è indispensabile una cottura per almeno 30 minuti o una prebollitura (5-10 minuti in acqua all’ebollizione prima della cottura nel modo scelto).
  3. Funghi “normalmente” commestibili. Per le specie non tossiche da crude possono essere utilizzate tutte le normali modalità di cottura, comprese quelle che non consentono il raggiungimento di temperature particolarmente elevate “al cuore” del prodotto (come per esempio la frittura o la grigliatura).

Il corretto consumo

Anche quando i funghi sono stati preparati correttamente per il consumo, non bisogna dimenticare che:

  1. in funzione della loro impegnativa digeribilità, i funghi non dovrebbero essere mangiati dai bambini di pochi anni, dalle donne in gravidanza e dalle persone con problemi digestivi;
  2. vanno comunque consumati in misura moderata (a maggior ragione, come già detto, quando si mangiano da crudi) e sarebbe sempre meglio limitarsi ad una sola portata a base di funghi per pasto.

La corretta conservazione

Sia crudi che cotti, i funghi sono sempre altamente deperibili e devono quindi essere conservati in frigorifero ad una temperatura compresa fra 1 e 4 gradi centigradi e soltanto per periodi brevi. 

Le false credenze sulla commestibilità dei funghi

Per evitare un importante pericolo legato al consumo di funghi, ovvero quello di consumare per errore specie velenose, bisogna sgombrare completamente il campo da tutte le diverse credenze, sempre rigorosamente false, ma talvolta molto radicate, che accompagnano l’argomento ormai da troppo tempo. Eccone un buon elenco:

  • Non è vero che i funghi che crescono nel prato sono tutti commestibili. Possono infatti esservi specie addirittura mortali (ad esempio piccole Lepiota) anche nei prati di pianura, nei parchi cittadini e perfino nel giardino di casa propria.
  • Non è vero che i funghi che crescono su legno sono tutti commestibili. Anche sul legno crescono specie tossiche (ad esempio Omphalotus olearius e Hypholoma fasciculare) ed anche potenzialmente mortali (come Galerina marginata, che possiede le stesse tossine delle più note Amanita phalloides, Amanita verna ed Amanita virosa).
  • Non è vero che i funghi già parzialmente mangiati da animali del bosco sono tutti commestibili.
    Gli animali, infatti, hanno un organismo diverso (ad esempio scoiattoli) od estremamente diverso (ad esempio lumache) dal nostro e potrebbero essere indenni a tossine per noi mortali. D’altronde chi può sapere che gli animali “assaggiatori” non siano poi morti?
  • Non è utile fare consumare funghi ad animali domestici per testarne la commestibilità. Prima di tutto perché immorale e penalmente perseguibile, secondariamente perché gli effetti sul gatto e sul cane potrebbero a loro volta essere diversi da quelli che si hanno nell’uomo.
  • Non è vero che i funghi con un bell’aspetto e un buon profumo (ad esempio di farina) sono tutti commestibili. 
    Come esempio si pensi ad Entoloma sinuatum (= Entoloma lividum), che è un bellissimo e carnoso fungo dalla carne bianca e con odore di farina, ma che provoca intossicazioni piuttosto gravi, seppur di solito non mortali.
  • Non è vero che i funghi che anneriscono o non anneriscono l’aglio, l’argento o altre sostanze sono commestibili.
    Non c’è infatti alcuna correlazione tra le tantissime sostanze presenti nei funghi ed eventuali cambiamenti di colore di oggetti, metalli, vegetali od altro.
  • Non è vero che i funghi  che crescono nella stessa posizione dove sono cresciuti (o dove stanno crescendo) specie commestibili siano a loro volta commestibili.
    Purtroppo questa errata convinzione ha fatto parecchi morti anche tra i raccoglitori “esperti”, perché specie diverse (e quindi sia commestibili che velenose) possono successivamente o anche contemporaneamente crescere vicine od anche nella stessa posizione.
  • Non è vero che i funghi che crescono in primavera sono tutti commestibili.
    Questa informazione fu data qualche tempo fa addirittura da una popolare trasmissione televisiva. Ma ciò non è affatto vero  perché in primavera, ad esempio, crescono Amanita verna (mortale) e Gyromitra esculenta (potenzialmente mortale).

Si può quindi affermare che non esiste alcun metodo per stabilire la commestibilità di un fungo, rimanendo l’unico sistema efficace a tal fine quello di conoscerne bene le caratteristiche morfologiche in modo da identificare la singola specie o (solo per alcuni generi, che annoverano specie tutte commestibili) almeno il genere. Per fare questo occorre dedicare tempo e pazienza in quantità proporzionali al numero di specie che si vogliono utilizzare in cucina.

Gli errori più comuni

Nonostante le continue campagne di sensibilizzazione e la relativa facilità con cui si possono fare controllare i funghi raccolti, tutti gli anni in cui la crescita è abbondante continuano purtroppo ad essere numerosi anche i ricoveri per il consumo di specie  tossiche.

Uno degli errori commessi più di frequente è la confusione tra il commestibile “galletto” (Cantharellus cibarius) ed il tossico “fungo dell’olivo” (Omphalotus olearius). Il primo ha dimensioni generalmente più piccole, pieghe (e non lamelle) sottostanti il cappello, l’odore fruttato e la crescita terricola. Il secondo ha taglia maggiore, delle vere e proprie lamelle, odore fungino e cresce su legno o su radici interrate.

Clitocybe nebularis,  conosciuta anche come “ordinario grigio”, “nebbiolo” o “cimballo” ecc. (di commestibilità controversa, tuttavia abbondantemente consumata senza particolari inconvenienti se giovane e prebollita), viene spesso scambiata con il pericoloso Entoloma sinuatum (=Entoloma lividum), a colpo d’occhio  molto simile per portamento e colore ed anche molto “attraente” per carnosità e odore (al punto che i francesi lo chiamano “le perfide”); quest’ultimo si differenzia, tra l’altro, per lamelle più distanziate tra loro, di colore giallino o rosa salmone (e non bianco-crema) e attaccate al gambo in modo diverso (smarginate e non decorrenti) e per l’odore di farina (anziché aromatico-nauseante).

Nonostante la commestibilità dei funghi del genere Russula venga da tutti semplicemente collegata all’assenza di sapore piccante, vi sono alcune specie a sapore dolce o comunque non piccante (ad esempio Russula olivacea) che sono nettamente tossiche allo stato crudo o per cottura insufficiente. Occorre quindi ricordare che tutti i funghi del genere Russula con carne a sapore mite possono essere sì consumati, ma (soprattutto se non si è in grado di escludere che si tratti di Russula olivacea o specie simili) sempre solo dopo una prolungata cottura (mai grigliati, fritti o ancor peggio crudi).

Altro errore molto comune soprattutto  nelle zone di pianura, ma fortunatamente con conseguenze meno gravi, è quello di considerare commestibili tutti i funghi bianchi con anello e lamelle rosa o cacao che si trovano  nel prato (normalmente chiamati “prataioli”). Anche questa convinzione è fortemente sbagliata in quanto tra questi ve ne sono parecchi di tossici (seppur debolmente), ovvero quelli appartenenti alla Sezione Xanthodermatei come ad esempio Agaricus xanthodermus. Si riconoscono (anche se non sempre facilmente), dall’ingiallimento e dall’odore di inchiostro della carne, soprattutto alla base del gambo.

In testa alla classifica degli episodi di intossicazione troviamo, a sorpresa, una specie commestibile e addirittura commercializzabile, conosciuta a livello nazionale come “chiodino” e in provincia di Bologna come “ ragagno” (Armillaria mellea).  Molte persone infatti non sanno che si tratta di una specie che va cotta a lungo (almeno per 30 minuti) perché contiene tossine termolabili e che vanno utilizzati solo esemplari giovani privati dei gambi; è anche consigliabile non congelarla da cruda.