Alzheimer: scoperta una variante genetica alleata del cervello
Uno studio di grande importanza nel campo della lotta all’Alzheimer è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Cell Death and Disease. La ricerca, frutto di una collaborazione italo-francese coordinata dalla Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma, ha identificato una variante genetica che agisce come un alleato naturale del cervello, offrendo una potenziale protezione contro lo sviluppo della malattia di Alzheimer.
Alla ricerca hanno contribuito importanti istituzioni italiane e francesi, tra cui l’Istituto di Biologia e Patologia Molecolari del CNR, le Università di Roma Sapienza, Roma Tre, Tor Vergata, L’Aquila e Padova, il Policlinico Gemelli, il CNRS francese e l’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna.
Una proteina chiave nella pulizia cellulare
La variante genetica individuata interessa il gene NDP52 (noto anche come CALCOCO2), coinvolto nell’autofagia, un processo cellulare essenziale per la rimozione di scarti e proteine anomale. Nell’Alzheimer, tale meccanismo risulta compromesso, favorendo l’accumulo di aggregati tossici come la proteina TAU iperfosforilata.
Questa variante, denominata NDP52 GE (corrispondente al polimorfismo rs550510, con sostituzione amminoacidica G140E), si è dimostrata più efficiente della forma comune nel promuovere l’autofagia. Le persone portatrici di questa variante sembrano avere una capacità aumentata di “ripulire” i neuroni dalle sostanze tossiche associate all’Alzheimer.
Le conferme sperimentali arrivano sia da analisi genetiche condotte su oltre 1.400 soggetti, tra cui 434 pazienti con Alzheimer, sia da studi effettuati su colture cellulari e modelli animali. In laboratorio, la presenza della variante ha dimostrato una significativa riduzione dell’accumulo della proteina TAU, suggerendo un possibile effetto di rallentamento della progressione della malattia. Anche nei modelli animali, in particolare nella Drosophila melanogaster, l’espressione della variante ha contribuito a contenere i danni neurologici tipici della patologia.
Implicazioni per pazienti, famiglie e comunità scientifica
Questa ricerca, pur non traducendosi immediatamente in una cura, apre nuove e promettenti prospettive per lo sviluppo di terapie personalizzate. Una migliore comprensione dei meccanismi molecolari alla base dell’Alzheimer consente di ipotizzare l’impiego di strategie terapeutiche mirate a potenziare quei processi di difesa che il cervello già possiede, come l’autofagia. L’individuazione della variante NDP52 GE fornisce infatti un nuovo bersaglio terapeutico su cui concentrare gli sforzi della ricerca farmacologica e genetica. In futuro, la conoscenza del profilo genetico di ciascun paziente potrebbe guidare l’adozione di trattamenti su misura, in grado non solo di rallentare il decorso della malattia, ma anche di migliorarne sensibilmente la qualità della vita.
Per i pazienti e le loro famiglie, ciò significherebbe avere accesso a strumenti più efficaci per affrontare una patologia che, oltre a compromettere le capacità cognitive, incide profondamente sul benessere emotivo e sull’autonomia. Rallentare l’accumulo delle proteine tossiche nel cervello potrebbe tradursi in una minore perdita di memoria, una maggiore stabilità delle funzioni cognitive e un prolungamento dell’autosufficienza. Per i familiari, spesso coinvolti nell’assistenza quotidiana, questo si tradurrebbe in un minore carico assistenziale, con ricadute positive anche sul piano psicologico e sociale.
Dal punto di vista della ricerca, lo studio offre una base solida per esplorare nuove strade nella chimica terapeutica e nella medicina traslazionale. L’ipotesi che la variante NDP52 GE possa agire come fattore di resilienza non solo contro l’Alzheimer, ma anche in altre patologie neurodegenerative come la sclerosi multipla, apre scenari ancora più ampi. Inoltre, ulteriori approfondimenti potranno chiarire se la sua azione protettiva coinvolga anche le cellule gliali, fondamentali nei processi infiammatori che accompagnano molte forme di demenza.
Uno sguardo al futuro
La variante NDP52 GE era già stata descritta in precedenza come fattore protettivo anche nella sclerosi multipla e nella rimozione dei mitocondri danneggiati, suggerendo un effetto protettivo più ampio. Le future ricerche esploreranno se tale protezione si estenda anche alle cellule gliali, coinvolte nei processi infiammatori tipici dell’Alzheimer.
Questo studio, frutto di una solida sinergia scientifica internazionale, rappresenta un passo decisivo nella strada verso terapie sempre più efficaci, mirate e personalizzate. Grazie al contributo dell’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, la ricerca si avvicina sempre di più a soluzioni concrete per migliorare la vita dei pazienti e delle loro famiglie.