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Ictus – Trombolisi ancora più sicura. Uno studio coordinato dall’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche per prevenire le emorragie.

Pubblicato il 06/10/2022 - Redattore Di Nicolo Simona
La Neurologia dell’IRCCS prima in Italia per trombolisi

E’ il più grande studio al mondo sull’ictus ischemico in pazienti sottoposti a trombolisi endovenosa, ha coinvolto 1.678 pazienti in 6 centri italiani, ed è stato coordinato da Andrea Zini, Direttore Neurologia e Rete Stroke Metropolitana, IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna.

Recentemente pubblicato dalla rivista Stroke, dell’American Heart Association American Stroke Association, lo studio ha individuato nella diminuzione nel sangue dei valori di fibrinogeno, una delle cause principali del rischio di complicazioni emorragiche.
La trombolisi endovenosa (assieme alla trombectomia) è una delle due terapie per ripristinare la circolazione sanguigna nell’area del cervello colpita da ictus ischemico, efficace nel ridurre mortalità ed invalidità. Non è tuttavia esente dal rischio di emorragia in una percentuale di casi compresa tra il 5 e l’8%. Il farmaco trombolitico, infatti, può ridurre sensibilmente la quantità di fibrinogeno, proteina presente naturalmente nel sangue, che contribuisce alla sua coagulazione.

“Lo studio, che ha coinvolto 1.678 pazienti sottoposti a trombolisi in 6 diversi ospedali italiani - afferma Andrea Zini - ha individuato 116 casi (7% del totale) nei quali, dopo il trattamento, si sono verificate emorragie che hanno complicato il quadro clinico. Si tratta di casi rari, ma evitabili o comunque contrastabili prestando la dovuta attenzione al dosaggio del fibrinogeno nel sangue, a partire da poche ore dal trattamento di trombolisi. Si tratta di un esame disponibile in urgenza in qualsiasi ospedale, determinante nel rendere la trombolisi maggiormente sicura e praticabile.
Questo nuovo studio, per la numerosità dei casi esaminati e il cospicuo numero di centri ospedalieri coinvolti supera di gran lunga tutte le ricerche sinora pubblicate. Un grande lavoro di squadra, al quale hanno contribuito i neurologi delle Stroke Unit, e i professionisti dei Laboratori e Centri Trasfusionali. In particolare, per quanto riguarda l’Azienda Usl di Bologna, il Laboratorio Unico Metropolitano, diretto da Rita Mancini, e il Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale Metropolitano, diretto da Vanda Randi. Ed è un lavoro in progress – conclude Zini. Stiamo conducendo, infatti, un nuovo studio che dovrebbe concludersi nel giro di 18 mesi, per valutare se l’infusione di fibrinogeno può prevenire l’emorragia anche quando la riduzione del fibrinogeno causata dalla trombolisi è superiore al 50% dei valori di base”.

I centri che hanno partecipato allo studio sono le Stroke Unit dell’Ospedale Maggiore di Bologna, dell’Ospedale Civile AOU di Modena, dell’AOU di Trieste, dell’Ospedale Brotzu di Cagliari, dell’IRCCS Policlinico S. Martino di Genova e del Policlinico di Messina.

La Rete Stroke Metropolitana dell’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna
Coordinata da Andrea Zini, la Rete Stroke Metropolitana ha tra i suoi punti di forza la piena sinergia e collaborazione tra il Dipartimento di Emergenza-Urgenza interaziendale, diretto da Giovanni Gordini, e le strutture dell’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche che hanno sede all’Ospedale Maggiore, ovvero la Neurologia e Stroke Unit dirette dallo stesso Zini, la Neuroradiologia interventistica, diretta da Luigi Simonetti, la Neuroriabilitazione, diretta da Rodolfo Brianti.
Nel 2021, la Neurologia dell’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche ha ricoverato alla Stroke Unit dell’Ospedale Maggiore oltre 1.200 pazienti, 2/3 dei quali con ictus. La Stroke Unit, con 281 trattamenti, è risultata il 1° centro italiano per numero di trombolisi in soggetti con ictus ischemico e il 2° per il numero di trombectomie meccaniche, con 219 trattamenti eseguiti dal team di Neuroradiologia Interventistica. Il recupero dell’autonomia a 3 mesi (misurata con la scala mRS 0-2) è avvenuto nel 63.5% dei pazienti trattati con trombolisi e nel 45.3% di quelli più gravi trattati con trombectomia.