Caratterizzazione clinica, strumentale e molecolare della neurodegenerazione nella sindrome di Dravet in età adulta (CAMEO-DS)
Data di inizio: 01/09/2025
Data di fine: 31/08/2027
Costo complessivo: € 25.000
5x1000 (redditi anno 2023): € 25.000
La sindrome di Dravet (DS) è una grave encefalopatia epilettica e dello sviluppo, causata in circa il 90% dei casi da mutazioni loss-of-function del gene SCN1A [1], che codifica per il canale del sodio voltaggio-dipendente Nav1.1, espresso prevalentemente in interneuroni inibitori GABAergici [2]. Pur essendo una malattia rara, la DS rappresenta una delle cause più frequenti di epilessia monogenica, con una prevalenza di circa 1/30.000 [3]. L’esordio clinico avviene tipicamente nel primo anno di vita con crisi epilettiche farmaco-resistenti favorite dalla febbre, seguite da un ritardo del neurosviluppo associato a disfunzione motoria, disabilità intellettiva di grado variabile e disturbi comportamentali [4]. Sebbene la fase infantile della malattia sia ben caratterizzata, il decorso a lungo termine rimane poco studiato. Evidenze recenti indicano che, nonostante una possibile riduzione della frequenza delle crisi epilettiche in età adulta, i pazienti affetti da DS possano andare incontro a un deterioramento progressivo delle funzioni motorie, cognitive e comportamentali, suggerendo un possibile meccanismo neurodegenerativo sottostante [5-7]. La maggior parte dei pazienti sviluppa, già in età giovane adulta, un parkinsonismo caratterizzato da crouch gate, bradicinesia ed ipertono plastico, tremore e distonia (spesso con antecollo), in alcuni casi responsivo alla levodopa [7-8].
I meccanismi fisiopatologici alla base di questo deterioramento non sono ancora compresi. Si ipotizza che la disfunzione del canale Nav1.1, fondamentale per il corretto funzionamento degli interneuroni GABAergici, possa determinare nel tempo una progressiva perdita neuronale, anche a livello della substantia nigra [7, 9]. Studi condotti su modelli animali di malattia di Alzheimer hanno dimostrato che una riduzione dell’espressione di Nav1.1 è associata a deficit cognitivi, suggerendo un potenziale legame tra DS e patologie neurodegenerative [10].
Tuttavia, attualmente mancano biomarcatori specifici in grado di monitorare l’evoluzione clinica e caratterizzare la neurodegenerazione nella DS.
Un primo passo per colmare questa lacuna è rappresentato dall’impiego, nei pazienti adulti con DS, di indagini strumentali consolidate nella diagnosi dei parkinsonismi degenerativi, come la SPECT cerebrale con tracciante DaTSCAN. Questa tecnica di medicina nucleare consente di valutare la funzionalità del sistema dopaminergico nigro-striatale [11]. In parallelo, l’analisi della presenza di aggregati di alfa-sinucleina nella cute, mediante immunofluorescenza indiretta, può fornire indicazioni sulla presenza di sinucleinopatia, la caratteristica neuropatologica dei principali parkinsonismi degenerativi [12–13]. Tale metodica ha dimostrato un’elevata accuratezza diagnostica nel differenziare i soggetti affetti da sinucleinopatia rispetto ai controlli sani [14].
Anche i biomarcatori ematici, ampiamente studiati in diverse patologie neurologiche, possono offrire un contributo significativo nella caratterizzazione della neurodegenerazione nella DS [15–16]. Tra questi, la catena leggera dei neurofilamenti (NfL) è un marcatore validato di danno neuroassonale, impiegato a fini prognostici e di staging in numerose condizioni neurologiche [16–17]; la proteina fibrillare acida gliale (GFAP) è invece un marcatore di astrocitopatia, correlato alla gravità clinica e al grado di disabilità intellettiva in malattie come la sclerosi tuberosa e altre encefalopatie epilettiche e neurodegenerative [16, 18]; infine, la tau fosforilata in posizione 217 (p-tau217) rappresenta un marcatore specifico di taupatia, utilizzato principalmente nella diagnosi della malattia di Alzheimer [19].
Recenti studi in ambito neurodegenerativo hanno inoltre evidenziato la presenza di specifici pattern di metilazione del DNA genomico (firme epigenetiche) associati allo stato cognitivo e funzionale del paziente, suggerendo una potenziale utilità anche nella DS [20–22].
Obiettivi
Il progetto è articolato nei seguenti tre obiettivi:
1. Caratterizzazione clinica della storia naturale della DS nell’età adulta, mediante la raccolta sistematica di dati clinici e la somministrazione di scale validate per la valutazione del parkinsonismo e delle capacità motorie e adattive
2. Studio della fisiopatologia del parkinsonismo nei pazienti adulti con DS, tramite l’utilizzo di tecniche diagnostiche consolidate nei parkinsonismi degenerativi, volte a studiare la funzionalità del sistema nigro-striatale (DaTSCAN) e la presenza di alfa-sinucleinopatia (immunofluorescenza su biopsia di cute)
3. Analisi di biomarcatori molecolari di neurodegenerazione, tra cui NfL, GFAP, p-tau217 e firma epigenetica, per identificare un potenziale profilo biologico specifico della DS
Materiali e metodi
Saranno reclutati consecutivamente 20 pazienti adulti con diagnosi di DS confermata secondo criteri diagnostici internazionali [1].
Obiettivo 1 (caratterizzazione clinica)
Per ciascun paziente verranno raccolti dati clinici dettagliati, comprendenti: età di esordio, durata della malattia, tipologia e frequenza delle crisi epilettiche, farmaci assunti, tipo di mutazione genetica.
Saranno somministrate scale specifiche, già utilizzate in questa popolazione [7]:
- Vineland Adaptive Behavior Scales, terza edizione (VABS-III), per valutare le capacità adattive ed il grado di compromissione motoria
- Modified Unified Parkinson Disease Rating Scale (mUPDRS), per verificare le caratteristiche e la severità del parkinsonismo
Obiettivo 2 (fisiopatologia del parkinsonismo)
I pazienti saranno sottoposti a:
- DaTSCAN, esame ampiamente utilizzato in medicina nucleare per verificare l’integrità del sistema dopaminergico nigro-striatale
- Biopsia di cute per la rilevazione di aggregati di alfa-sinucleina nei nervi cutanei, con prelievo di due campioni a livello cervicale ed alla gamba, analizzati mediante immunofluorescenza indiretta [13]
Obiettivo 3 (marcatori di neurodegenerazione)
Per ogni paziente verrà selezionato un soggetto di controllo sano, appaiato per età e sesso. Da ciascun partecipante verranno prelevati campioni ematici, processati mediante centrifugazione per ottenere aliquote di siero, plasma e buffy coat, da conservare a -80°C fino all’analisi.
Le analisi previste includono:
- Dosaggio di NfL, GFAP, p-tau217 con metodica CLEIA (chemiluminescent enzyme immunoassay) su piattaforma automatizzata Lumipulse
- Analisi di metilazione del DNA genomico per l’identificazione di firme epigenetiche, mediante trattamento con bisolfito di sodio e successivo sequenziamento next generation sequencing (NGS)
Potenziali ricadute clinico-assistenziali
È ampiamente riconosciuto che l’impiego di biomarcatori nella valutazione della storia naturale di sindromi rare come la DS rappresenta uno strumento cruciale per approfondire la conoscenza della malattia, monitorarne l’evoluzione nell’età adulta e orientare lo sviluppo di terapie mirate [23].
Una caratterizzazione clinica e strumentale sistematica del fenotipo adulto contribuirà a colmare l’attuale lacuna conoscitiva sull’evoluzione della DS, offrendo un quadro più preciso della progressione motoria e cognitiva-adattiva. L’integrazione con metodiche avanzate, come il DaTSCAN e la biopsia cutanea per l’identificazione di aggregati di alfa-sinucleina, potrà fornire evidenze a sostegno di una componente neurodegenerativa del parkinsonismo associato alla DS. In particolare, l’eventuale riscontro di disfunzione nigro-striatale o di sinucleinopatia potrebbe giustificare l’utilizzo di terapie già consolidate o in fase di sperimentazione nei parkinsonismi degenerativi [24].
L’analisi dei biomarcatori ematici di neurodegenerazione (NfL, GFAP, p-tau217) e della firma epigenetica permetterà di delineare un profilo biologico specifico della DS e confrontarlo con quello di altre condizioni neurodegenerative più conosciute. In prospettiva, l’applicazione longitudinale di tali biomarcatori potrebbe fornire strumenti oggettivi per il monitoraggio della progressione di malattia e per la valutazione dell’efficacia di terapie eziologiche per la DS attualmente in fase di studio [25].
Nel complesso, questo approccio integrato potrà favorire l’identificazione di biomarcatori diagnostici e prognostici utili nella pratica clinica e gettare le basi per strategie terapeutiche personalizzate, basate anche sulla traslazione di conoscenze da altre patologie neurodegenerative.
Bibliografia
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