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La plastica biodegradabile e compostabile, è davvero un’alternativa sostenibile?

Pubblicato il 25/11/2021 - Redattore Spiniello Francesca
Sintesi

La direttiva SUP (Single Use Plastics) del Parlamento europeo stabilisce che entro il 2021 dovranno essere vietati prodotti di plastica monouso

Gli articoli di plastica monouso, come i sacchetti biodegradabili, possono conservare una struttura pressoché intatta anche dopo anni di abbandono nella natura. Lo studio Environmental Deterioration of Biodegradable, Oxo-biodegradable, Compostable, and Conventional Plastic Carrier Bags in the Sea, Soil, and Open-Air Over a 3-Year Period condotto dai ricercatori dell'Istituto di Biologia e Scienze Marine della University of Plymouth (UK) del 2019 rivela che nessuno dei materiali alternativi scompare o si degrada allo stesso modo in ogni habitat: alcuni tipi di plastica si consumano più facilmente in mare, altri all'aria aperta, ma non ne esiste alcuna che si possa abbandonare con leggerezza.

I ricercatori hanno studiato le modalità di degradazione di diversi tipi di buste di  plastica: biodegradabileoxo-degradabile (cioè con additivi che ne velocizzano la frantumazione) e compostabile.

Si definisce biodegradabile qualunque materiale che possa essere scomposto (da batteri, luce solare e altri agenti naturali) in composti chimici semplici, come acqua, anidride carbonica e metano. Questo non implica tempi brevi: la normativa europea stabilisce che, per essere detto biodegradabile, un prodotto debba decomporsi del 90% entro 6 mesi. Quello che poi resta di un sacchetto di questo genere può rimanere nell'ambiente anche per anni. Compostabile, invece, significa tramutabile in compost: non solo biodegradabile, perciò, ma anche trasformabile in terriccio fertile e ricco di sostanze organiche. Il processo di decomposizione deve avvenire, in questo caso, in meno di tre mesi.

Nei test, i sacchetti sono stati esposti a diverse condizioni ambientali: all'aria aperta, interrati o in acqua di mare. I materiali compostabili si sono disintegrati completamente dopo tre mesi in ambiente marino, anche se al momento nulla si sa della natura dei sottoprodotti e del loro loro impatto sui diversi ecosistemi. Lo stesso tipo di borsa non si è però degradato in ben 27 mesi trascorsi sotto terra, anche se poi è risultato incapace a sostenere peso senza rompersi.

Diverso il discorso per i sacchetti biodegradabili, scoloriti ma sostanzialmente intatti dopo ben tre anni in acqua di mare, addirittura capaci di reggere il peso di una spesa. L'esposizione all'aria aperta ha prodotto risultati ancora differenti: dopo 9 mesi in questa condizioni, tutti i tipi di buste si sono ridotte in piccoli frammenti.

La problematica ambientale causata da un non corretto smaltimento dei rifiuti di plastica monouso è ancora un tema complesso, che richiede in primo luogo una forte riduzione della produzione e del successivo consumo di questi prodotti. Per questo motivo la decisione della Commissione Europea tramite la Direttiva SUP è quella di non procedere con la commercializzazione di prodotti di plastica monouso biodegradabile e compostabile, al fine di tutelare il più possibile l’ambiente di vita. Ad ogni modo, sono ancora aperti tavoli di confronto anche con l'Italia che ha una filiera industriale fra le più rilevanti per la produzione delle plastiche biodegradabili e compostabili.