Trent' anni ascoltando il cuore di Bologna

IN OLTRE 30 anni di attività ha curato il cuore di 287 mila bolognesi e la sua cardiologia, che lui stesso a creato nel '73 all' ospedale Bellaria, può vantare il più basso indice di mortalità in Italia. Se ne va tra i primati e tra i rimpianti, suo e dei suoi collaboratori, Giuseppe Pinelli, punto di riferimento della sanità bolognese, il cardiologo-politico, eletto in consiglio comunale nei Ds, amante del calcio e di Puccini. Il 31 dicembre va ufficialmente in pensione, «dal ruolo ospedaliero - precisa - perché continuerò a fare il medico finchè campo». Stasera al ristorante Europa c' è una grande festa in suo onore a cui partecipano il sindaco Sergio Cofferati, l' assessore provinciale Giuliano Barigazzi, suo carissimo amico, il segretario dei Ds Salvatore Caronna, il direttore di Cup 2000 Mauro Moruzzi e un gran pezzo della sanità bolognese. Venerdì prossimo, 23 dicembre, nella biblioteca del Bellaria, ci sarà invece il saluto da parte dell' Ausl, con il direttore generale Franco Riboldi in testa. Pinelli mostra con orgoglio la targa d' oro ricevuta di recente dall' Anmco, la società scientifica dei medici cardiologi ospedalieri che raggruppa 640 strutture in Italia e oltre cinquemila medici, «per il generoso impegno ed il vivace entusiasmo con cui ha contribuito alla difesa della cardiologia ospedaliera italiana». E per lui fare il medico ha sempre significato, fin dall' inizio, dalla laurea conseguita nel '62, lavorare in ospedale. E' per questo che lascia a malincuore il reparto al Bellaria, «vado in pensione perché un' assurda legge regionale ha modificato la legge nazionale che consente ai primari di restare fino al compimento dei 70 anni, in Liguria, nel Piemonte, in Lombardia si può chiedere di restare fino a quell' età, qui no, si va in pensione a 68 anni». Bolognese doc, classe '38, nato in piazza dell' Unità da una famiglia di medici, il padre internista al Maggiore, la madre dentista come la nonna, Giselda, che fu tra le prime donne dentiste d' Italia a inizio secolo. «Sono nato con il camice bianco» sorride. Dopo la laurea, nel `63 entra al Maggiore come volontario, poi straordinario residente, quindi incaricato, infine di ruolo quando vinse il concorso. «Ho iniziato a lavorare in cardiologia, il mio primario era il professor Bruno De Castro. La cardiologia non è stata una vocazione, ma una scelta per poter lavorare in ospedale». Nel '73 fu mandato al Bellaria per aprire proprio la cardiologia. «Allora il Bellaria era la cenerentola degli ospedali bolognesi - racconta - mi diedero due stanzette per l' attività ambulatoriale». Nel' 82 si decide di investire sul nosocomio di via Altura e di farlo diventare il terzo polo bolognese. Inizia la costruzione del padiglione Emergenze dove viene collocata la cardiologia. «Nel '92 avevo sei posti letto nell' unità coronarica, dodici letti nel reparto di degenza e gli ambulatori. Da allora la struttura è continuata a crescere. Abbiamo un archivio con 287 mila cartelle, i tre quarti della città è passata di qui. E il messaggio che ho cercato di dare ai miei medici è stato quello della presa in carico del paziente e della continuità assistenziale. Oggi ci sono 11 medici, oltre a me, e 24 infermieri, più 16 tecnici negli ambulatori: il paziente trova sempre qualcuno pronto ad ascoltarlo, al di là della burocrazia e delle prenotazioni al Cup, c' è un rapporto vero tra il medico e il paziente». Accanto alla medicina c' è un altro grande amore: il calcio. Decine di fotografie lo ritraggono in calzoncini corti, «ho organizzato la squadra dei medici del Maggiore e poi quella del Bellaria, ogni anno giocavamo al torneo degli ospedalieri». E' entrato anche nel calcio professionistico, come assistente del professor Belvederi che era il medico curante di Dall' Ara e del Bologna degli anni '60. «Come consulente facevo le prove da sforzo e le prove respiratorie ai giocatori con una macchina allora innovativa, il Pulmorex». Insieme alla moglie, da cui ha avuto un figlio Gianluigi, radiologo di pronto soccorso al Sant' Orsola, ha condiviso anche la passione per la musica classica, «sono un grande amante di Puccini e ogni anno andiamo al Festival di Torre del Lago». Uno degli incontri più importanti della sua vita è stata con Rino Nanni, il vicesegretario del Pci negli anni '70, il presidente dell' Amministrazione ospedali di Bologna e poi a capo dell' Usl 28, «un comunista di una volta, un uomo leale, concreto, un punto di riferimento umano e politico, il mio maestro di vita». In quegli anni è iniziata la terza passione, quella per la politica sanitaria, «ho lavorato con gli assessori Treossi e Barbolini, ho partecipato a tre piani sanitari regionali, al Pal, ho fatto conferenze sanitarie nei quartieri, nei centri anziani, insomma ci ho dato la pelle». E ora, che farà Pinelli? «Il direttore generale Riboldi mi ha proposto di collaborare in alcune commissioni, mi ha chiesto quanto volevo e gli ho risposto 50 euro al mese, voglio partecipare con il mio entusiasmo. Per il resto continuerò a fare il medico e a seguire i miei pazienti finchè vivo».

MARINA AMADUZZI