Tra ronde e diritti
Lettera aperta di alcuni operatori dell'Ospedale Maggiore
Le ronde attivate in questi giorni al Maggiore non hanno ancora iniziato a suscitare disagio e di certo neppure quella “rivolta morale” che forse un tempo avremmo giudicato necessaria. Riprendendo, fin da queste prime parole, un articolo di Gad Lerner apparso sulla Repubblica il 16 maggio del 2008, vorremmo capire se davvero siamo lontani da quella sensazione di aver passato un limite, che Lerner riportava allora, o se la capacità di adattamento di noi tutti – anche a questo esibito far leva sulla pancia del “popolo” davanti a temi così complessi che ci circondano, qui come in mille altri luoghi di Bologna e dell’occidente - ci stia facendo scivolare verso l’indifferenza, senza riuscire a dibattere dei diritti di tutti: con il paradosso che in un luogo che l’etimologia ci dice essere “ospitale”, diventi fuori posto parlare di solidarietà.
Così appare difficile, persino se sei parte di quel “Maggiore” che le ronde vorrebbero difendere, mettersi contro il popolo. Col rischio di passare per difensori della delinquenza: è questa, infatti, la percezione passivamente registrata dai mass media: un popolo esasperato, l'ira dei giusti che finalmente anticipa le forze dell'ordine nel necessario repulisti.
Ma siamo sicuri che "il popolo" siano quelli che si aggirano con l’idea di far pulizia con le aste delle bandiere e che davanti a una telecamera concedono: "sparare no ma almeno cacciarli via"? Che importa – riprendendo Lerner - se parlano a nome del popolo i fautori della "derattizzazione" e della "pulizia etnica", quelli che auspicarono "espulsioni di massa" sino ad utilizzare perfino la tradizione cattolica per accusare di tradimento parroci e vescovi troppo caritatevoli?
E perché, in una Bologna una volta attenta alla solidarietà, almeno sino agli exploit di chi – appena eletto – incominciò smontando i campi dal lungo Reno per poi cercare di pulirci dai lavavetri, ci si affida nuovamente a chi sventola la legge facendola precedere in sequenza dalla furia mediatica e popolare? Chi si oppone è davvero fuori dal popolo? appartiene alla casta dei privilegiati che ignorano il disagio delle periferie? Ti senti buono, superiore? Allora ospitali nel tuo attico!
Vorremmo poter ragionare – come si chiedeva allora Lerner, ma forse è tardi – prima che l'accusa, e l'irrisione, risuonino ovunque, convinti del fatto che la formula lapalissiana secondo cui "la sicurezza non è né di destra né di sinistra", se mai fosse esibita ancora, appassisca e si riveli inadeguata nel tumulto delle emozioni che travolge la cultura della convivenza civile. C’è il rischio che il “popolo” e qualche politica deroghino dal principio giuridico della responsabilità individuale di fronte alla legge. Perché un conto è riconoscere il peso dei problemi che si vivono dentro la “città” del Maggiore, con le alte percentuali di devianza riscontrabili nelle comunità dei diseredati, che siano di recente immigrazione, oppure residenti da secoli in Italia; un conto è contrastare gli abusi dentro agli spazi del Maggiore, altra cosa è riproporre lo stereotipo della colpa collettiva degli emarginati, magari riferendosi ad un popolo, e giustificando tutto sulla base di una presunta indole genetica, etnica.
Quando gli speaker dei nostri ideatori di “Ronde” annunciano il perdurare della iniziativa, sarebbe utile – scriveva Lerner - ricordare loro il precetto biblico dell’immedesimazione "In ogni generazione ciascuno deve considerare se stesso come se fosse uscito dall'Egitto", con ciò suggerendoci un esercizio: sostituire mentalmente, nei comunicati roboanti, la parola "rom" con la parola "ebrei", o "italiani". Ne deriverebbe una cautela salutare, senza che ciò limiti la necessaria azione preventiva e repressiva.
Potremmo ricordare allora, a noi tutti, che quel che resta inaccettabile è il degrado civile e che questo dell’uso delle ronde lo è al pari dell’altro, autorizzato o tollerato, pur se ha (o avesse) l'alibi della volontà popolare. Molti, citando ancora Lerner, vorrebbero far emergere l'inadeguatezza della sinistra a governare le società occidentali con la sua penitenziale vocazione "buonista” o qualcuno potrebbe evocare il richiamo ai servizi d'ordine sindacali o di partito, come una ipotesi suggestiva, quasi si potesse favorire così un ritorno di partecipazione e militanza che la politica non sa più offrire. Ma nell'Italia che oggi vediamo ancora più afflitta da forme di emarginazione, come i lavoratori immigrati senza casa, le bidonvilles fucine di criminalità ma spesso impossibili da cancellare, nell’Italia schiacciata dalla tensione sociale di una recessione ben più diffusa che 5 anni fa – aggiungiamo noi - è dubbio che le ronde possano considerarsi uno strumento di democrazia popolare.
Dobbiamo sperare in una reazione civile agli avvenimenti di questi giorni, prima che i guasti diventino irrimediabili. In questa “città” che è il Maggiore, abbiamo sentito poche voci: il silenzio conferma sin qui solo lo smarrimento di tanti davanti a problemi di tutti. Ed è bene allora fermarsi a riflettere e fermare l'irresponsabilità di chi vorrebbe suscitare altre tensioni in chiave etnica per cavalcarle durante questi ultimi giorni di campagna elettorale.
Bologna, 22 Febbraio 2013
Gli operatori dell’Ospedale Maggiore e della AUSL di Bologna