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Virgilio: ma che razza di uomini è questa?

Pubblicato il 25/01/2019 - Redattore ventur9
Psicoradio, sull’immigrazione, tra psichiatria transculturale ed etnopsichiatria - In onda su Radio Città del Capo domenica alle 13.15 e mercoledì alle 20.30
Foto: Psicoradio

"In pochi a nuoto arrivammo qui sulle vostre spiagge.
 Ma che razza di uomini è questa?
Quale patria permette un costume così barbaro, che ci nega perfino l’ospitalità della sabbia; che ci dichiara guerra e ci vieta di posarci sulla vicina terra?  
Se non nel genere umano e nella fraternità tra le braccia mortali, credete almeno negli Dei, memori del giusto e dell’ingiusto”.

(Virgilio, Eneide, Libro I, 538-543)
 
Quali sofferenze psichiche può provare chi raggiunge le nostre coste affrontando sofferenze e pericoli e, una volta arrivato, si trova ad affrontare umiliazioni, anonimato, perdita di quell’identità che aveva in patria?  
In questa puntata, Psicoradio punta sul tema dell’immigrazione intervistando Maria Nolet, psichiatra dell’Ausl di Bologna, e Roberto Maisto, ex psichiatra Ausl di Bologna ora in pensione, che da tempo si occupano di cure psichiche ai migranti, lavorando in equipe con antropologi e mediatori linguistico-culturali.


Curare persone che vengono da altre culture ci insegna a relativizzare le nostre conoscenze, ad uscire dall’onnipotenza del pensiero occidentale. Non siamo soli al mondo, l’etnocentrismo è un atto di superbia” spiega lo psichiatra Roberto Maisto.
 
Ma qual'è la differenza tra psichiatria transculturale ed etnopsichiatria

Per psichiatria transculturale, dice Maria Nolet, s’intende una psichiatria che deve approcciarsi alla cultura della persona che viene in cura; la cultura dell’altro può essere molto distante dalla nostra, quindi si deve fare attenzione per comprendere le motivazioni e il pensiero dell’altra persona. Invece l’etnopsichiatria e l’etnopsicologia prevedono che si utilizzino dispositivi specifici per curare le persone che provengono da un’altra cultura.” 

Secondo Roberto Maisto “Occorre innanzitutto fare insieme al migrante una sorta di analisi della situazione di qual è il disagio, cercare di capire qual è il problema: se è un ostacolo linguistico, sociale, culturale, psicopatologico”.

Secondo Nolet, con le ultime ondate migratorie: “La sofferenza è spesso frutto dei traumi subiti durante il percorso; si tratta di qualcosa di molto diverso rispetto al semplice sradicamento che deriva da una immigrazione “tradizionale” più strutturata”.