Milano, 16 giugno 2011 - 12:03

«Awake surgery»: operare il cervello
di un paziente sveglio

Impressionante chiacchierare con il malato mentre gli si apre il cranio, ma salva la capacità di linguaggio

di Vera Martinella (Fondazione Veronesi)

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MILANO – Si chiama awake surgery, neurochirurgia a paziente sveglio. Una tecnica difficile e che certo fa impressione, ma d’importanza cruciale in alcuni casi. L’hanno utilizzata nei giorni scorsi i neurochirurghi dell’ospedale Bellaria di Bologna che hanno eseguito una craniotomia con rimozione di un tumore cerebrale su di un malato cosciente. «La lesione è stata asportata completamente evitando la compromissione di altre aree sane del cervello come quelle che comandano i movimenti e il linguaggio», spiegano dall’Azienda bolognese. L’intervento, concluso con successo in cinque ore, è stato articolato in tre fasi: la prima, preparatoria, in anestesia generale;  poi la rimozione del tumore con il paziente sveglio, durante la quale i medici hanno chiesto di eseguire semplici movimenti e di pronunciare qualche parola; infine, nella fase conclusiva il malato è stato addormentato nuovamente.

I VANTAGGI DI UN’ESPERIENZA «FORTE» - «Questa tecnica è particolarmente indicata in caso di gliomi di basso grado, per rimuovere lesioni localizzate in stretta vicinanza alla zona del linguaggio - spiega Francesco DiMeco, direttore della prima divisione di neurochirurgia all’Istituto neurologico Besta di Milano, dove da diversi anni si applica la awake surgery -. Certo al paziente è richiesta collaborazione e la procedura comporta un certo grado di stress, nel complesso non è un’esperienza facile, ma in sala operatoria c’è un’equipe altamente preparata composta anche da neuro-psicologi e personale infermieristico appositamente addestrati. Sembra surreale, ma si fa conversazione e si spiega cosa si sta facendo, in modo da tranquillizzare il più possibile l’interessato». I vantaggi di essere operati da svegli sono scientificamente provati: poiché nessun test diagnostico può stabilire con precisione la funzione delle zone cerebrali su cui s’interviene e, se il malato è vigile, può contribuire a «guidare la mano del chirurgo» (in pratica vengono eseguiti specifici test neuro psicologici per il linguaggio, chiedendo ad esempio i nomi di alcune cose o di riconoscere oggetti mostrati su disegni) aiutandolo a eliminare il tumore senza toccare quell’area del nostro cervello predisposta a governare il linguaggio. 

RISERVATA A DETERMINATI PAZIENTI – In realtà esistono tre metodiche differenti, sempre eseguite in anestesia locale: la asleep-awake-asleep (dormi-veglia-dormi) prevede di addormentare il malato nella prima parte dell’operazione (quella in cui si apre il cranio) e di svegliarlo quando si è arrivati al momento dell’intervento sul cervello in cui è necessario che risponda alle domande, per poi sedarlo nuovamente; la awake-asleep, che non comporta l’asspopimento del paziente in fase di chiusura del cranio e una terza soluzione (awake anestesia) che invece prevede di tenere la persona sempre sveglia. «In ogni caso, rischi aggiuntivi rispetto alla chirurgia tradizionale non ce ne sono – continua DiMeco -. Anzi, in questo modo possiamo effettuare una prevenzione più efficace di eventuali danni collaterali. E, visto che il cervello non sente dolore, si fa solo un’anestesia locale, che consente anche un recupero più veloce e meno rischi di complicanze rispetto alla neurochirurgia standard». E’ però fondamentale scegliere il tipo di paziente su cui eseguirla, non solo in base alla malattia (che dev’essere ovviamente localizzata in un unico punto), ma anche testando le sue capacità di controllo dell’ansia e paura del dolore. Se intervenire sul cervello è già di per sé un’operazione complicata, infatti, farlo in questo modo lo è ancor di più. Ecco perché questa tecnica dovrebbe essere applicata solo in centri altamente specializzati, con chirurghi di grande esperienza e un team multidisciplinare (infermieri, anestesisti, neuropsicologi e neurofisiologi) altrettanto preparato.

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